
Carlo Vinti - DesignGrafica e Comunicazione Visiva
Mi verrebbe da dire il sistema della moda. Non c’è niente di scientifico in quello che sto per dire (e chiedo perdono ai molti amici esperti di moda), ma io ho l’impressione che oggi la moda sia uno dei territori di sperimentazione più fertili, dove si macinano e rimacinano culture alternative, e allo stesso tempo uno dei maggiori responsabili dell’abolizione di ogni linea di distinzione fra cultura e controcultura. La ricerca di alterità e indipendenza è funzionale alla logica di un sistema come quello della moda, che saccheggia (o accoglie, include, alimenta? Dipende dai punti di vista) qualsiasi cosa venga dalla strada ormai da tempo. Quando da ragazzo andavo al mercato di Resina (vicino Napoli) a comprare cappotti e scarpe usate, mi illudevo ingenuamente di fare qualcosa del tutto al di fuori dal sistema dei consumi (e di certo già non era vero). Oggi le tribù più radicali della moda …

Gilberto Corretti - Architettura e Urbanistica
Forse la volontà di prevalere sul prossimo. Ma chi ha detto che sia stata uccisa?

Gino Castaldo - Musica
Magari è banale ma direi il capitalismo. C’è un mio amico che dice sempre una cosa molto carina, ovvero hanno vinto i cattivi.

Gilberto Corretti - Architettura e Urbanistica
Forse la volontà di prevalere sul prossimo. Ma chi ha detto che sia stata uccisa?

Luca Morici - Società e Utopia
Come già detto, la controcultura degli anni Sessanta e Settanta è stata ampiamente normalizzata e assimilata dalle generazioni che si sono avvicendate. Eppure nuove controculture sorgono e continuano ad alimentare la perenne dialettica tra controcultura e mainstream. Non credo dunque sia possibile parlare di morte della controcultura. Tuttavia in una società liquida, interconnessa e delocalizzata forse è proprio la dialettica tra cultura dominante e controcultura a risultare
attenuata. Da una parte è sempre più complicato circoscrivere oggi quale sia davvero la cultura dominante, dall’altra le controculture si configurano sempre più come fluide, mutevoli, provvisorie e omologabili.

Nando Snozzi - Arte e Performance
Nessuno ha ucciso la controcultura. La controcultura c’è ancora. Esiste ancora gente che lavora in quella direzione, come vi dicevo prima Greta Thumberg, o Roberto Saviano o il filosofo Massimo Cacciari e tutti coloro che si oppongono ad una società basata sulla ricchezza per pochi e la povertà per tanti, per me, fanno ancora controcultura, o meglio una cultura diversificata.

Carlo Vinti - DesignGrafica e Comunicazione Visiva
Mi verrebbe da dire il sistema della moda. Non c’è niente di scientifico in quello che sto per dire (e chiedo perdono ai molti amici esperti di moda), ma io ho l’impressione che oggi la moda sia uno dei territori di sperimentazione più fertili, dove si macinano e rimacinano culture alternative, e allo stesso tempo uno dei maggiori responsabili dell’abolizione di ogni linea di distinzione fra cultura e controcultura. La ricerca di alterità e indipendenza è funzionale alla logica di un sistema come quello della moda, che saccheggia (o accoglie, include, alimenta? Dipende dai punti di vista) qualsiasi cosa venga dalla strada ormai da tempo. Quando da ragazzo andavo al mercato di Resina (vicino Napoli) a comprare cappotti e scarpe usate, mi illudevo ingenuamente di fare qualcosa del tutto al di fuori dal sistema dei consumi (e di certo già non era vero). Oggi le tribù più radicali della moda …

Silvana Annicchiarico - Architettura e UrbanisticaDesign
La controcultura non muore mai. Il meccanismo di azione e reazione porta al progresso. Ogni movimento rivoluzionario ha la sua reazione. Ogni conservatorismo porta a una rottura e successiva restaurazione. Si tratta di un movimento storico infinito.

Christian Marazzi - Società e Utopia
Quando ero a New York avevo vissuto da dentro questo movimento Underground della New Wave, ero amico di Jean Micheal Basquait e David Byrne. Ad un certo punto ci fu un evento: il PS1, una famosa esposizione che si dice abbia dato avvio alla New Wave, in realtà la sigillò. Questo fu l’evento che uccise la New Wave nella sua natura controculturale.

Fabrizio Bellomo - Arte e Performance
Non è mai nata forse, o meglio, non è mai nata con le ambizioni che abbiamo creduto avesse. Oggi potremmo trovarci ad analizzare i motivi per i quali le controculture siano state fautrici – in quanto movimenti spesso globalizzati – della distruzione di diverse realtà particolari, locali, vernacolari e provinciali.

Nicolas Martino - Società e Utopia
La sconfitta dei movimenti e il conformismo che ne è seguito, insieme al principio di prestazione che ha invaso le nostre vite quotidiane. Ma non tutto è perduto.

Vincenzo Sparagna - Grafica e Comunicazione Visiva
Nessuno, perché quello che si intende per “controcultura” è assolutamente vivo e non smette di crescere, è la critica alla faccia orribile del presente in cui viviamo.

Luca Morici - Società e Utopia
Come già detto, la controcultura degli anni Sessanta e Settanta è stata ampiamente normalizzata e assimilata dalle generazioni che si sono avvicendate. Eppure nuove controculture sorgono e continuano ad alimentare la perenne dialettica tra controcultura e mainstream. Non credo dunque sia possibile parlare di morte della controcultura. Tuttavia in una società liquida, interconnessa e delocalizzata forse è proprio la dialettica tra cultura dominante e controcultura a risultare
attenuata. Da una parte è sempre più complicato circoscrivere oggi quale sia davvero la cultura dominante, dall’altra le controculture si configurano sempre più come fluide, mutevoli, provvisorie e omologabili.

Christian Marazzi - Società e Utopia
Quando ero a New York avevo vissuto da dentro questo movimento Underground della New Wave, ero amico di Jean Micheal Basquait e David Byrne. Ad un certo punto ci fu un evento: il PS1, una famosa esposizione che si dice abbia dato avvio alla New Wave, in realtà la sigillò. Questo fu l’evento che uccise la New Wave nella sua natura controculturale.

Gilberto Corretti - Architettura e Urbanistica
Forse la volontà di prevalere sul prossimo. Ma chi ha detto che sia stata uccisa?

Vincenzo Sparagna - Grafica e Comunicazione Visiva
Nessuno, perché quello che si intende per “controcultura” è assolutamente vivo e non smette di crescere, è la critica alla faccia orribile del presente in cui viviamo.

Carlo Vinti - DesignGrafica e Comunicazione Visiva
Mi verrebbe da dire il sistema della moda. Non c’è niente di scientifico in quello che sto per dire (e chiedo perdono ai molti amici esperti di moda), ma io ho l’impressione che oggi la moda sia uno dei territori di sperimentazione più fertili, dove si macinano e rimacinano culture alternative, e allo stesso tempo uno dei maggiori responsabili dell’abolizione di ogni linea di distinzione fra cultura e controcultura. La ricerca di alterità e indipendenza è funzionale alla logica di un sistema come quello della moda, che saccheggia (o accoglie, include, alimenta? Dipende dai punti di vista) qualsiasi cosa venga dalla strada ormai da tempo. Quando da ragazzo andavo al mercato di Resina (vicino Napoli) a comprare cappotti e scarpe usate, mi illudevo ingenuamente di fare qualcosa del tutto al di fuori dal sistema dei consumi (e di certo già non era vero). Oggi le tribù più radicali della moda …

Nando Snozzi - Arte e Performance
Nessuno ha ucciso la controcultura. La controcultura c’è ancora. Esiste ancora gente che lavora in quella direzione, come vi dicevo prima Greta Thumberg, o Roberto Saviano o il filosofo Massimo Cacciari e tutti coloro che si oppongono ad una società basata sulla ricchezza per pochi e la povertà per tanti, per me, fanno ancora controcultura, o meglio una cultura diversificata.