#Artichoke17
Editoriale a cura di:
Tommaso Salvatori
Antonello Lipori
Andrea Bocci
Michela Vögeli


Il 17 agosto 1969 si sarebbe dovuto chiudere il festival di Woodstock che invece si protrasse fino al giorno seguente, il 18 agosto. Già questo potrebbe essere un atto di ControCultura, un atto che ha modificato il prestabilito, infrangendo il cerimoniale. Celebrando quella data, il numero che avete tra le mani è Artichoke 17 e vorremmo un nostro 18 per infrangere anche noi qualche prassi. Traendo spunto da questa fragile ambiguità numerologica vorremmo principiare a parlar di questo numero, come una sorta di metafora di quel che è – è stata/sarà – la, cosiddetta, ControCultura. Da quella data, per convenzione, si fa partire uno dei molteplici inizi; ma in realtà è da molto prima. Forse addirittura dalla notte dei tempi, dal paradisiaco morso alla mela, arrivato fino alla perfida rivisitazione di un brand che ben conosciamo e che oggi spopola, costruendo la sua inarrestabile fortuna proprio, guarda caso, partendo dalla comunicazione visiva. Comunicazione visiva che è stata ed è il motore creativo della ControCultura, un fil rouge che riesce a sconvolgere ancora oggi tanto la carta stampata quanto gli strumenti della rivoluzione digitale che ci circondano. Con questo spirito abbiamo dato in pasto il tema della ControCultura ai nostri giovani, quasi senza ritegno, non senza qualche rischio, forse senza che ne avessero mai sentito parlare o se ne fossero mai addentrati, salvo accorgersi di quanto ne fosse invasa e permeata la loro stessa vita.

“Cosa è stata la ControCultura? E cos’è oggi?” Con queste domande abbiamo iniziato la riflessione con il gruppo di giovani visual designer della SUPSI. Attraverso ricerche d’archivio, interviste a professionisti e studiosi, con i propri lavori grafici e gli approfondimenti preziosi di due dottorande, hanno cercato di raccontare, con il proprio sguardo e background culturale, questo straordinario periodo che ha rivoluzionato la nostra cultura e che oggi ritroviamo nella vita di tutti giorni e in alcune battaglie culturali e sociali. L’intento di questa rivista è quello di fotografare una rivoluzione in movimento su più ambiti culturali, alcuni prossimi, alcuni distanti, tutti caratterizzati dall’esigenza di scardinare delle prassi istituzionalizzate. Non ha l’intento di avere l’ultima parola sulla ControCultura, questo sarebbe improbabile o forse impossibile ma soprattutto sarebbe sbagliato. Sarebbe opposto proprio alla ControCultura usare un’unica voce e un unico punto di vista di quello che è stato un momento culturale, politico, storico di profondo cambiamento. La rivista vuole dare una lettura contemporanea del tema, senza velleità storiografiche o giornalistiche, di quel periodo carico di cambiamenti, domande e contraddizioni.

Un periodo in cui proprio oggi vediamo alcuni dei paradigmi del cambiamento tanto ricercato e per cui tanti altri giovani hanno lottato. Questa rivista è un racconto di giovani su dei giovani che chiedevano cambiamento. Attraverso un ciclo di interviste ad illustri rappresentanti del mondo della grafica, dell’arte, del design, della sociologia, della musica, dell’informatica, ecc., abbiamo costruito una narrazione che unisce testimonianze, luoghi, persone, storie e rielaborazioni personali degli studenti. Il risultato è un salto nel buio, un’esperienza entusiasmante e carica di energie strabordanti. Dalle parole alle immagini, dalla teoria alla prassi, dalla storia alla cronaca. In un connubio di personalità note e meno note, della porta accanto, del cosmo SUPSI e dell’universo quotidiano. Che ne sia uscito un soggetto di ControCultura o un oggetto di ControCultura sarà chi legge a stabilirlo. E non una volta per tutte, ma ogni volta diverso a ogni successiva lettura, come si conviene al generare cultura. Così come a circa settanta anni dai primi fenomeni della controcultura è difficile rilevare con precisione gli effetti della rivoluzione culturale promossa da quei movimenti, così vorremmo che venisse esplorato questo volume, senza preconcetti, senza diktat, un esercizio di libertà che prova a documentare e testimoniare una rivoluzione forse, o in parte, compiuta.